Una vicenda ancora poco conosciuta.
25 marzo 1911: L’incendio della Triangle – Episodio 2
«Ho conosciuto un suono nuovo quel giorno, un suono molto più orribile di quanto io possa descriverlo, il rumore sordo dei corpi ancora vivi che cadevano sul marciapiede di pietra.»
Sono queste le parole di William Gunn Shepard, reporter e testimone oculare dell’incendio consumatosi in pochi minuti in un uggioso pomeriggio di marzo.

Attorno alle 4.40, all’8vo piano di un imponente immobile sito all’intersezione di Greene Street e Washington Place, un innocente fuocherello, dovuto probabilmente a un cicco di sigaretta non spento, inizia a bruciare gli scarti di stoffa accumulati per mesi in uno dei tanti bidoni posizionati in ciascuno dei piani di proprietà della fabbrica di camice Triangle Shirtwaist Company.
Sono tre i livelli su cui si sviluppa la manifattura specializzata nella produzione di camice particolarmente alla moda in quell’epoca: le shirtwaist.
Grandi quantità di ritagli di stoffa giacciono su tavoli e pavimento, l’illuminazione viene garantita tramite l’utilizzo di lampade a gas e secchi di acqua – posizionati in ogni piano – sono sempre in numero insufficiente per affrontare un’emergenza. Come se già la situazione in cui grandi numeri di operai e operaie sono costretti a lavorare per l’intera giornata non fosse sufficiente a elevare il rischio di incidenti mortali, i tagliatori sembrano non avere alcuna intenzione di perdere l’abitudine di fumare sigarette mentre sono impegnati nella loro mansione. Tutto questo, unito a un basso livello di areazione degli ambienti, non può fare altro che aggravare ulteriormente una situazione già molto precaria.
L’incendio può dunque crescere indisturbato iniziando ad avvolgere il piano più basso della fabbrica mietendo le prime vittime innocenti.
Dalle strade sottostanti si inizia a vedere del fumo nero fuoriuscire da una finestra nella parte nord-est dell’8vo piano dell’edificio ma dare l’allarme senza un sistema telefonico rapido – come sono i nostri telefoni cellulari – non è semplice e quest’ultimo raggiunge i due piani più alti insieme alle fiamme.
Operai e operaie in preda al panico tentano di mettersi in salvo ma le uscite sono bloccate per ordine dei padroni allo scopo di controllare e limitare i furti da parte delle inservienti; intanto una terza scala in ferro, arrugginita e malandata, collassa sotto il peso di una ventina di persone che precipitano al suolo.
Sono molti i volti che si affacciano dalle finestre e che, non trovando altra via di fuga, decidono di saltare nel vuoto per precipitare sul marciapiede sottostante in una manciata di secondi rendendo il lavoro dei soccorsi sempre più difficile; i vigili del fuoco infatti arrivano in poco tempo ma i getti d’acqua faticano a raggiungere quelle altezze.

Da fuori si tenta di spegnere le fiamme mentre dal di dentro, Joseph Zito e Gaspar Mortilaro caricano un gran numero di persone su i due piccoli montacarichi riuscendo a compiere tre viaggi completi, dalla sommità dello stabile a terra, ma alla scalata successiva il cavo del montacarichi di Mortilaro inizia ad accusare gli effetti del caldo costringendolo a rinunciare all’impresa – anche perché il peso delle persone, che disperate si lanciano dai piani superiori, rischia di farlo precipitare rovinosamente al suolo.
Nel frattempo, in strada, i soccorritori continuano a lavorare e la polizia forma un cordone protettivo tutto attorno all’edificio per permettere a quest’ultimi di operare al meglio e per proteggere l’ormai numerosa folla che non può fare altro che alzare il naso agli ultimi tre piani dell’immobile e restare a guardare con il terrore negli occhi.
«In un sabato pomeriggio di marzo di quell’anno – 25 marzo, per essere preciso – ero seduto a uno dei tavoli da lettura della vecchia Astor Library…Era una fredda e sgradevole giornata e le confortevoli stanze da lettura della biblioteca sembravano essere il luogo perfetto per trascorrere le poche ore che mi separavano dalla chiusura dello stabile. Ero profondamente concentrato nella mia lettura quando feci caso alle sirene dei pompieri lungo la strada sottostante. […] Come molti fecero in biblioteca, corsi fuori per vedere cosa stesse succedendo e seguii la fiumana di gente fino al luogo dell’incendio. Alcuni isolati più avanti, l’Asch Building nell’incrocio tra Greene Street e Washington Place era in fiamme.
Quando arrivammo sulla scena, la polizia aveva creato tutto un cordone intorno allo stabile e all’interno, i vigili del fuoco stavano combattendo contro di esse. L’8vo, il 9no e il 10mo piano dell’immobile erano ora un enorme cornice infuocata. […] Terrorizzata e del tutto inutile, la folla – io tra essi – guardava in alto all’edificio in fiamme, vedendo numerose ragazze affacciarsi alle incandescenti finestre, immobilizzate dal momento di terrore, e poi gettarsi sulla strada sottostante, per atterare come poltiglia maciullata e sanguinante. […] A volte una ragazza che aveva esitato troppo era stata raggiunta dalle fiamme e, urlando con i vestiti e i capelli infuocati, si sfracellava come una torcia vivente sulla strada. Le reti di sicurezza installate dai vigili del fuoco si rompevano all’impatto dei corpi che cadevano.» – Testimonianza di Louis Waldman.

Domato l’incendio, i proprietari della Triangle, Max Blanck e Isaac Harris, rifugiatisi sul tetto del 10mo piano grazie a una fortuita coincidenza, vengono prelevati dalla polizia. Un’altra persona però è riuscita a salvarsi grazie all’astuzia e al coraggio di seguire i due uomini che, quel pomeriggio, erano in compagnia dei loro figli; accovacciata in un angolo della strada, la giovane diciottenne Rose Rosenfeld – austriaca di nascita – piange spaventata ma felice di essere ancora in vita.
È dalla voce della Rosenfel – ultima sopravvissuta del grande Incendio della Triangle e deceduta all’età di 107 il 15 febbraio del 2001 nella sua casa di Beverly Hills – che possiamo ascoltare il racconto di quel tragico momento: Intervista in lingua inglese di Rose Freedman – New York Times
Nel pomeriggio del 25 marzo 1911 muoiono 146 persone di cui 62 per ‘schianto al suolo’: 123 sono donne – per lo più immigrate ebree italiane, tedesche o provenienti dall’Est Europa – e 23 uomini. Le più giovani di queste avevano 14 anni e si chiamavano Kate Leone e Rosaria “Sara” Maltese, la più vecchia, Providenza Panno, aveva 43 anni.
I corpi vengono ricoverati al Misery Lane, un polo di beneficienza sito tra la 26esima strada e l’East River, per l’identificazione da parte di parenti e amici – a causa delle profonde ferite riportate da parte di alcuni di questi corpi e a causa della mancanza di documentazione di identità, molti di loro rimangono senza nome per tanto tempo.
Vi lascio di seguito alcuni link utili per approfondire l’argomento – sono in inglese:
Le conseguenze dell’incendio
Dopo il terribile incendio della Triangle Shirtwaist Company, Blanck e Harris vengono processati e condannati per le loro azioni e per aver volontariamente impedito l’applicazione di fondamentali codici di sicurezza in caso di incendio volti a garantire agli operai la possibilità di fuga.
La pubblicazione delle dichiarazione in cui vengono messi agli atti le condizioni di lavoro nella fabbrica e l’ufficializzazione di precedenti denunce a carico dei due industriali generano un senso di solidarietà tra le famiglie delle vittime e l’intera comunità di Manhattan che si stringe a esse nel condividere il dolore per quello che verrà ricordato come il più grave incidente nella storia dell’industria dello stato di New York.
Eppure, nonostante il processo, nonostante le precedenti denunce per cattive condizioni lavorative e nonostante il dovuto risarcimento ai familiari delle vittime, due anni più tardi, nel 1913, Blanck viene nuovamente arrestato per aver chiuso le porte della propria fabbrica durante le ore di lavoro.
Dopo il processo e l’inumazione dei corpi in 16 cimiteri diversi, le donne newyorkesi si preparano ad affollare le strade per chiedere a gran voce la creazione di leggi volte a tutelare maggiormente i lavoratori. Ma questa non è di certo la prima volta che esse scendono in piazza.

Ricorderete lo sciopero delle camiciaie di cui vi ho parlato nell’articolo precedente e conosciuta come la ‘Protesta della 20.000’?
Sono proprio le operaie della Triangle, in quel 22 di novembre del 1908, supportate da numerose altre colleghe operaie e non solo, a depositare le forbici sul banco e abbandonare ago, filo e ferro da stiro per incrociare le mani di fronte a un obbligo di presenza sul luogo di lavoro di oltre 14 ore al giorno retribuite da 6$ a 12$ la settimana!
È l’inizio di un lungo sciopero durante cui le lavoratrici, attraverso l’autorevole voce della dalla International Ladies’ Garment Workers’ Union – uno dei maggiori sindacati americani, dialogano con i proprietari delle fabbriche nel tentativo di raggiungere un accordo che tuttavia viene rifiutato.
Dopo l’incendio però qualche provvedimento deve essere preso e questa volta è l’attivista Rose Schneiderman a utilizzare quell’avvenimento come pretesto per domandare al governo leggi più rigide per garantire una maggiore sicurezza sul logo di lavoro e una maggiore tutela del lavoratore in quanto persona – l’assemblea è organizzata per il 2 aprile 1911 al Metropolitan Opera House di New York durante un incontro commemorativo per le vittime della Triangle.
Questo atto ha fatto in modo che venissero varate leggi più serie e che prevedessero la costruzione di edifici con una migliore accessibilità e una migliore via di fuga in caso di pericolo, una distribuzione più equa delle apparecchiature tecniche per far fronte alle prime emergenze, l’installazione di un impianto di allarme, l’obbligo di garantire un livello minimo di igiene ai lavoratori e la drastica limitazione delle ore di lavoro per donne e bambini.
L’incendio della Triangle Shirtwaist Company è stato un avvenimento che ha profondamente segnato le anime di tanti degli uomini e delle donne di quell’epoca e delle generazioni a venire – pensate che, ancora oggi, nello stato di New York, le vittime di questa tragedia vengono ricordate con striscioni e camice abbellite da una fascia a tra colla abbellita con il nome delle operaie decedute e appese a lunghi pali portati con fierezza da milioni di donne che voglio continuare a ricordare il valore e l’importanza di lottare per i propri diritti.

Nel 2008, 200 tra organizzazioni e singoli individui hanno deciso di riunirsi in un’unica alleanza – Remember the Triangle Fire Coalition – creata per incoraggiare e sostenere l’attività per la costruzione di un memoriale permanente che dal 2004 viene annualmente arricchito dall’opera artistica chiamata Chalk, coordinata dalla Coalizione, e che prevede la realizzazione di placchette disegnate con gesso bianco di fronte alle ultime abitazioni dei/delle vittime: il nome, l’età e la causa della morte accompagnano sagome di fiori, pietre tombali o triangoli.
Il 25 marzo 2009, per la commemorazione dei 100 anni dall’evento, oltre alle numerose manifestazioni e seminari organizzati dalla Remember the Triangle Fire Coalition, alle 4.45 del pomeriggio , centinaia di campane sparse per tutto il paese hanno iniziato a suonare.
Tre anni più tardi la Triangle Fire Coalition annuncia l’apertura di un bando per il progetto dedicato al memoriale che viene realizzato inserendo all’angolo dell’edificio, tra Greene Street e Washington Place, una scura trave in acciaio riportante i nomi delle vittime mentre, lungo le facciate dello stesso, pannelli di acciaio raccontano la storia del peggior incidente dell’epoca industriale avvenuto a Manhattan.
Credo che non ci sia modo migliore per darvi appuntamento al prossimo articolo se non citandovi le motivazioni che hanno mosso la Coalizione nel voler realizzare un monumento a eterno ricordo di una lotta che non è mai finita:
- Per onorare la memoria di coloro che morirono nell’incendio
- Per affermare la dignità di tutti i lavoratori
- Per valorizzare il lavoro femminile
- Per ricordare il movimento per la sicurezza dei lavoratori e la giustizia sociale che si sono suscitato da questa
- Per ispirare le future generazioni di attivisti e attiviste
Per approfondire vi lascio il link al sito ufficiale Triangle Shirtwaist Factory Fire Memorial
Qualche altro interessante spunto per ascoltare o guardare con i vostri occhi che cosa ha significato quel giorno per la storia di una nazione e per quella di gran parte del mondo occidentale.
Link musicali:
“The Triangle Fire” by The Brandos, from their 2006 album Over the Border.
“Washington Square”, by Si Kahn, from his album Courage
Link visivi:
The Triangle Factory Fire Scandal – 1979 (ING non sottotitoli)
With These Hands – 1950 (ING con sottotitoli in lingua)
Noemi Veneziani