Una vicenda ancora poco conosciuta.
1850 – 1930 – Episodio 1

New York 1912
Femminismo: Movimento di rivendicazione dei diritti economici, civili e politici delle donne; in senso più generale, insieme delle teorie che criticano la condizione tradizionale della donna e propongono nuove relazioni tra i generi nella sfera privata e una diversa collocazione sociale in quella pubblica.
Questa è la definizione che l’Enciclopedia Treccani online fornisce alla voce ‘Femminismo’ e vorrei che la teneste bene a mente da ora in avanti; consideratela come la chiave di lettura che dovrà guidarvi almeno durante tutto il mese corrente.
Ebbene sì, perché qualche tempo fa abbiamo festeggiato l’8 marzo, ricorrenza universalmente riconosciuta come Festa della Donna e che solitamente equivale a mimose gialle e profumatissime in ogni angolo della casa!

WSPU (Women’s Social and Political Union).
1° gennaio 1908
Ciò detto, e dato per assodato il fatto che le mimose con il loro giallo intenso regalano un tocco di vivacità alle nostre stanze e al nostro umore, quanti di voi posso affermare con certezza di conoscere l’origine di questa ricorrenza che in realtà ha alle spalle una lunga e faticosa lotta politica?
Sia che facciate parte dell’una o dell’altra fazione, vi invito a rimanere a leggere quello che segue e che seguirà nelle prossime settimane perché credo che fare un po’ di chiarezza su questo argomento possa essere interessante per tutti – uomini e donne, persone preparate e/o parzialmente informate. Ai dati storici, per loro natura un po’ noiosi e difficili, cercherò di aggiungere un pizzico di magia così da rendere tutto più leggero e interessante.
Sfatiamo subito un mito: l’origine della Festa della donna non ha nulla a che vedere con ipotetiche repressioni violente da parte di organi militari ai danni di pacifiche manifestanti femministe durante i cortei del 1857 a New York, Chicago e Boston né, tantomeno, con l’incendio della Fabbrica chiamata Cotton o Cottons durante cui persero la vita un elevato numero di camiciaie ivi impiegate – rispetto a quest’ultimo fatto, l’equivoco è evidente se si pensa all’incendio realmente avvenuto il 25 marzo 1911 nella Fabbrica Triangle in cui morirono 123 donne e 23 uomini (avremo modo di approfondire questo tragico evento nella prossima puntata). Per la verità, non è che questi avvenimenti non c’entrino nulla con la questione femminista ma sono fatti trasversali e marginali rispetto al movimento principale di lotta politica per ottenere la parità dei diritti rispetto all’uomo e la possibilità di voto – aspetto peculiare è il fatto che queste voci iniziano a circolare e a diffondersi dal secondo dopoguerra quando il comunismo si ‘impossessa’ della festività facendola propria (tenterò di chiarirvi questo aspetto nel corso dell’articolo).
Per prima cosa direi di partire proprio dal nostro paese in cui le prime timide lotte femministe iniziano a manifestarsi a partire dal Rinascimento per rafforzarsi sempre più sulla scia delle manifestazioni dilaganti in molti paesi Europei e nel Nord America – in Italia l’accento viene messo su tematiche come l’educazione femminile e un generale miglioramento della condizione della donna in tutta la Nazione.
Durante questo periodo storico, le donne più abbienti e desiderose di imparare hanno la possibilità di ricevere un’educazione superiore in casa o rinchiuse in istituti religiosi: quello che manca però è un contatto diretto con tutta quella parte di operaie e contadine completamente prive di educazione, o quasi, e che sono inevitabilmente più integrate delle prime nella vita comunitaria.
Così, attorno alla metà del XIX secolo, iniziando a sfruttare i nuovi mezzi di comunicazione come la stampa di periodici e di libri per il mercato di massa, le donne alfabetizzate appartenenti alle classi più alte hanno la possibilità di coinvolgere nella loro battaglia gran parte della popolazione femminile fornendo preziose informazioni in merito alla svantaggiosa e indegna situazione della donna nella società italiana di metà Ottocento.

Grazie a questi primi contenuti movimenti, nel 1859 viene promulgata la Legge Casati che fa della donna la spina dorsale del sistema d’istruzione italiano dandole la possibilità di iniziare a prendere consapevolezza dell’esistenza di un proprio ruolo da tutelare con un salario adeguato e condizioni lavorative favorevoli a vivere una vita dignitosa dentro e fuori dagli ambienti scolastici.
Contemporaneamente a questi provvedimenti, numerose letterate appartenenti a diversi rami del sapere iniziano a trattare nei loro scritti tematiche femministe volte a proteggere e dare valore al proprio sesso iniziando anche a scatenare i primi movimenti femministi; nel 1864, Anna Maria Mozzoni pubblica un importante manifesto che da vita proprio a uno di questi primi cortei: La donna e i suoi rapporti sociali in occasione della revisione del codice italiano, una pubblicazione che ha permesso l’aumento della consapevolezza da parte della collettività, e in particolare del mondo femminile, delle ingiustizie presenti nel discriminante Diritto italiano volto a una politica di associazione del ruolo femminile con le economie domestiche e la sottomissione alla volontà sessuale e affettiva del marito.
Mozzoni si batte contro la regolamentazione statale della prostituzione proponendo in traduzione un testo di estrema importanza scritto dal filosofo inglese John Stuart Mill: La servitù delle donne. Ma Mozzoni non si ferma qui e, nel 1881, per promuovere il suffragio femminile, decide di fondare a Milano la Lega per la promozione degli interessi femminili che da spunto alla giovane Gualberta Beccari la quale, a partire dal 1868, s’impegna a pubblicare articoli informativi rispetto ai contemporanei movimenti femministi presenti in Francia, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna per il giornale Donne e Venezia.

Nel 1877 Beccari riveste un ruolo di primo piano durante il periodo di propaganda per la firma della petizione richiedente il suffragio femminile – a votazione terminata si contano 3.000 firme.
In questo stesso anno le donne vengono dichiarate abili nel prestare servizio come testimoni di atti giuridici mentre, nel 1876 è stato permesso loro di entrare a far parte delle Università con il fine di conseguire un’istruzione superiore.
In questi stessi anni, anche altre nazioni europee e non solo iniziano a muoversi e a dare vita ad attive comunità femminili ansiose di far sentire la propria voce.
In Germania, per esempio, nel 1886 l’attivista Gertrud Guillaume-Schack decide di fondare il giornale intitolato Die Staatsbürgerin (La Cittadina) che riporta gli incontri delle associazioni femminili denunciando le paghe e le condizioni di lavoro a cui sono sottoposte le operaie – con tanto di dati statistici – fornendo anche le cronache degli scioperi organizzati in tutto il Paese. Come ovvio, il giornale, primo nella sua specie, viene sospeso solo sei mesi dopo la sua prima pubblicazione ma, tra il 1890 e il 1891, un’altra importante attivista tedesca, Clara Zetkin, trova il coraggio di far rinascere la rivista dandole una nuova veste; il periodico viene ribattezzato Die Arbeiterin (La Lavoratrice) per mutare in Die Gleichheit (L’uguaglianza) nel 1892 affermandosi come organo di stampa ufficiale dell’Internazionale delle donne socialiste e la cui produzione viene sospesa nel 1923.
L’VIII Congresso Internazionale Socialista tenutosi nella tedesca città di Stoccarda tra il 18 e il 24 agosto del 1907 segna un importante traguardo: all’ordine del giorno, oltre alla tematica colonialista in caso di scoppio di un conflitto europeo, le marxiste Rosa Luxemburg e Clara Zetkin riescono a fermare l’attenzione dei partecipanti anche su tematiche inerenti la condizione femminile e la possibilità di estendere alle donne il diritto di voto. Ciò che le due attiviste riescono a ottenere è l’appoggio della propria causa da parte dei partiti socialisti degli 884 paesi membri dell’Internazionale.

Alcuni giorni dopo, 58 delegate di 13 paesi appartenenti all’Internazionale si riuniscono e prendono la decisione di dare vita a un Ufficio di informazione delle donne socialiste diretto dalla stessa Zetkin, la quale unisce a questo suo incarico quello precedentemente assunto di direttrice del giornale Die Gleichheit (L’uguaglianza).
Breve ma doveroso intervallo: sono ben consapevole di quanto sia complicato e spinoso questo argomento perciò vi domando scusa nel caso in cui doveste constatare un’eccessiva semplificazione degli eventi ma ciò è necessario al fine di riuscire a fornire le linee guida adatte per qualsiasi lettore che si stia districando proprio ora in questo maremagnum di date e nomi magari mai sentiti prima. Per tutti coloro che volessero approfondire particolari tematiche trattate nell’articolo, ricordo che potrete trovare i link di approfondimento cliccando sull’apposito nome/parola all’interno del testo.
Tornando al nostro discorso, dovete sapere che, da quella fatidica Conferenza del 1907 di cui sopra, un folto gruppo di femministe iniziano a domandare solo per se stesse il diritto di voto escludendo volontariamente le appartenenti alla classe operaia che sono invece sostenute dai membri socialisti dell’Internazionale: queste femministe sono le così dette ‘borghesi’ e sono promotrici di un femminismo di classe.
Non la vede allo stesso modo l’attivista femminista statunitense Corinne Brown la quale sostiene a gran voce l’ingiustizia perpetrata dai socialisti nei confronti delle donne obbligate a scegliere chi da loro indicato per combattere la propria guerra. La stessa Brown presidia alla conferenza del 3 maggio 1908 al Garrick Theater di Chicago: la partecipazione di un numero molto elevato di donne appartenenti al Partito Socialista da vita a quello che viene da sempre ricordato come il primo vero Woman’s Day (Giorno della donna) – durante la conferenza vengono discusse tematiche relative al basso salario, alle troppe ore di lavoro, alle discriminazioni sessuali e al mancato diritto al voto.
A seguito di questo importante avvenimento storico, il Partito socialista americano stabilisce per l’ultima domenica di febbraio del 1909 la realizzazione di una manifestazione a sostegno del diritto di voto femminile: è il primo corteo organizzato e sostenuto da un Partito in favore di un riconoscimento della donna nel mondo socio-politico del Paese – durante questa manifestazione, l’attivista Theresa Malkiel gioca un ruolo fondamentale per il sostegno da parte dei colleghi di partito.

Intanto, dall’altra parte del mondo, ispirata dal movimento delle socialiste americane, la tedesca Luise Zietz – sostenuta dalla leader femminista Clara Zetkin – propone al proprio comitato di concordare un unico giorno da dedicare alla donna: per l’occasione si riuniscono 100 femministe provenienti da 17 paesi diversi ma non si riesce a raggiungere un accordo per dichiarare una data ufficiale e universalmente riconosciuta.
Tornando alle strade statunitensi, nonostante il timido sostegno dimostrato dagli organi di partito, le donne non si fermano anzi decidono di bloccare l’intera città di New York organizzando un grande sciopero – Sciopero delle camiciaie – attivo dal 22 novembre 1908 al 15 febbraio 1910.
Terminata la lunga manifestazione, il 27 febbraio 1910, alla Carnegie Hall, viene nuovamente celebrato il Woman’s Day.

19 marzo 1911: oltre un milione di persone festeggia il Giorno della donna in Australia, Danimarca, Germania e Svizzera mentre nell’Impero austro-ungarico si registrano 300 cortei e a Vienna le donne sfilano gridando a gran voce il proprio diritto al voto e al loro impiego nei pubblici uffici.
Nel frattempo, in Italia viene organizzato il primo Congresso Internazionale Femminista che discute di tematiche relative al diritto di voto e alla possibilità delle donne di frequentare istituti di formazione non religiosi.
Due anni più tardi, nel 1913 le donne russe celebrarono il giorno dedicato a loro nell’ultimo sabato di Febbraio mentre nel 1914 il Giorno Internazionale della Donna viene ricordato per la prima volta in Germania domenica 8 marzo; nella medesima giornata, a Londra, sfila un folto corteo in favore del suffragio femminile dal periferico quartiere di Bow a Trafalgar Square.

A interrompere l’ondata femminista interviene la prima Guerra Mondiale: scoppiata nel luglio del 1914 essa provoca la totale messa al silenzio di tutte le manifestazioni e di tutti gli scioperi almeno fino all’8 marzo 1917 quando, a San Pietroburgo, le lavoratrici tessili danno il via a una protesta che, coinvolgendo l’intera cittadinanza, pretende la ritirata della Russia dalla guerra e un’equa distribuzione delle risorse alimentari – per la sua portata, questo movimento diventa uno dei principali motori di accensione della Rivoluzione di Ottobre che metterà fine all’Impero zarista.
«Pace e Pane» è questo che viene urlato a gran voce da uomini e donne scesi in piazza, gli uni accanto alle altre, per salvare la propria Patria, per risollevare dalle macerie una Nazione in ginocchio.
Vi traduco un piccolo stralcio di ciò che il leader rivoluzionario Leon Trotsky scrive assistendo, in quei giorni, alla manifestazione:
«23 febbraio (8 marzo) è stato il Giorno Internazionale della Donna e sono state previsti incontri e azioni. Tuttavia non avremmo potuto immaginare che questo ‘Giorno della Donna’ avrebbe inaugurato la rivoluzione. […] Ma nella mattinata, a prescindere dagli ordini stabiliti, le lavoratrici tessili abbandonarono il loro lavoro in molte industrie e inviarono dei delegati per domandare supporto per lo sciopero…che divenne uno sciopero di massa…tutti si riversarono nelle strade.»
Sette giorni più tardi, lo Zar Nicola II abdica al trono e il governo provvisorio stabilisce per le donne il diritto di voto.
Nel novembre del 1918 la Grande Guerra volge al termine e, poco alla volta, le manifestazioni femministe riprendono ad affollare le strade e le piazze di numerose città e paesi di tutto il mondo.
Nel 1919 viene concesso alla donna italiana il diritto di economia separata rispetto all’uomo mentre volti femminili iniziano a comparire alle cariche più basse degli uffici pubblici.
Il 14 giugno 1921 la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste tenutasi a Mosca, stabilisce l’8 marzo come Giornata Internazionale dell’Operaia dichiarato a sua volta festa nazionale da Lenin, leader del Partito Comunista.
Nel 1922 si registrano cortei dell’8 marzo in Cina e in Italia. Tre anni più tardi, sempre in Italia, viene fondato il quindicinale Compagna che nel numero del 1° di marzo riporta un discorso tenuto da Lenin – deceduto l’anno prima – che ricordava l’importanza della celebrazione della giornata della donna come simbolo di lotta attiva per il proprio paese e di resistenza allo zarismo.
Nel 1927 a Guangzhou un corteo composto da 25.000 tra uomini e donne sfila per le strade della città cinese forte del supporto fornito dalle organizzazioni statali.
Per oggi direi di chiudere qui data l’ingente quantità di informazione a cui vi costringerò a sottostare da oggi alla fine del mese di marzo.
Forza e coraggio!
Non fatevi spaventare! leggere non potrà che farvi bene al corpo e alla mente.
Buona lettura.
Noemi Veneziani