Ben ritrovati ed ecco a voi, come promesso, il primo curioso fatto letterario di questo novembre.
Oggi vi parlerò di uno strano caso che credo possa riuscire a stupirvi proprio per la sua originalità.
Nel precedente appuntamento, se ricordate, abbiamo parlato della singolare figura del bibliofilo il quale, se sopraffatto dai sentimenti e dalla bramosia di possesso, può rischiare di trasformarsi nell’oscuro bibliomane avido di libri solo per il gusto di possederli e pronto a tutto pur di impossessarsi dell’oggetto del suo piacere.
Più ne ha e più ne vuole, recita il detto, e più ne vuole, più si adopera per affinare la strategia nel tentativo di arrivare, nel modo più efficiente possibile, al raggiungimento del proprio scopo.
Ed è proprio da questa parte della bilancia che si trova il Conte Guglielmo Libri Carucci dalla Sommaja, il quale riuscì a mettere in atto un notevole quantitativo di furti librari.
Chi fu dunque costui?
Il Conte Guglielmo Libri Carucci dalla Sommaja, nato a Firenze nel 1803, fu un importante matematico fiorentino e un bibliofilo senza scrupoli.
Dopo essersi laureato in matematica e aver ottenuto la cattedra presso l’università di Pisa, nel 1833 – a seguito dei moti carbonari volti a ottenere una politica libertaria nel Granducato di Toscana –, decise di fuggire a Parigi iniziando a insegnare presso l’Accademia delle Scienze.
Successivamente, a seguito della pubblicazione di un volume – Storia delle Scienze Matematiche in Italia dal Rinascimento al XVII secolo – che incuriosì gli addetti del settore per la quantità di fonti inedite citate, Libri riuscì nell’impresa di farsi assegnare la cattedra al prestigioso Collège de France.
Poco dopo arrivò anche la cittadinanza francese e la nomina a Segretario della commissione generale dei manoscritti delle biblioteche pubbliche di Francia.
Potrebbe sembrare quasi uno scherzo del destino ma, in qualità di segretario, Libri potè sottrarre alla biblioteca tutti i volumi desiderati senza il minimo sforzo; inoltre, con pari facilità, egli sottrasse un ingente quantitativo di testi anche alla Biblioteca Medicea di Firenze.
Convinto delle proprie abilità di ladro, Libri divenne sempre più avventato e imprudente durante i furti rischiando addirittura di farsi trovare con le mani nel sacco più volte. Così, dato l’enorme valore del patrimonio librario che era riuscito a mettere insieme negli anni – patrimonio che ammontava a circa 1.800 manoscritti e 40.000 volumi a stampa provenienti da aste, acquisizioni da fondi privati e da appropriazioni indebite –, nel tentativo di depistare le indagini, decise di spedire in Inghilterra 18 pesantissime casse.
Raggiunti i suoi adorati libri in suolo londinese il Conte si adoperò per instaurare un saldo rapporto di amicizia con l’allora direttore della British Library, Antonio Panizzi.
I furti continuarono e non è statisticamente pensabile che potessero avere tutti esito positivo. Infatti, la prima denuncia anonima non esitò ad arrivare costringendo il bibliomane a mettere all’asta gran parte del suo patrimonio – tra
i volumi presentati ebbe un ruolo di primo piano uno dei codici leonardeschi appartenenti alla collezione (immagine).
Il primo acquirente a cui Libri dovette cedere il suo prezioso bottino fu un ricco signore inglese, certo Lord Ashburnham.
Nonostante questo primo incidente Libri non si fece scoraggiare e la lista dei furti continuò ad allungarsi inarrestabile.
Nel 1848 egli venne nuovamente denunciato e il Tribunale di Parigi, due anni dopo, decise d’incarcerarlo condannandolo a 10 anni di reclusione.
Ancora una volta, l’incallito bibliomane non sembrò essere particolarmente disturbato dal provvedimento stabilito e, nel 1857, grazie ad amici influenti, riuscì a rientrare in possesso di parte del suo patrimonio librario ancora conservato a Parigi: si parla di circa 15.000 volumi!
Tornato nuovamente in Inghilterra decise di organizzare due grandi aste, previste per l’anno 1861, che gli permisero di ottenere una cifra sufficiente per poter tranquillamente vivere di rendita – il ricavato fu di un milione di franchi che per l’epoca, in cui la paga giornaliera era di circa 4 franchi, era una cifra spaventosamente alta.
Nel 1868, malato da tempo, il Conte decise di fare rientro in Italia stabilendosi in una villa a Fiesole dove morì poco dopo.
Costui fu davvero un personaggio unico nel suo genere e un chiaro esempio di come una sana passione possa trasformarsi in una terribile ossessione.
Dopo la sua morte, il governo francese e quello italiano ebbero il loro da fare per tentare di recuperare tutto il patrimonio sottratto illegalmente da Libri alle diverse biblioteche da lui selezionate per compiere i furti; pensate che, ancora nel 2010, in una piccola università in Pennsylvania è stata rinvenuta una lettera firmata da Cartesio e datata 27 maggio 1641 dichiarata parte del patrimonio sottratto da Libri e data ormai per dispersa!
La vicenda del Conte Libri è solamente una, e probabilmente la più famosa, storia di bibliomani impazziti disposti a tutto pur di alimentare la loro ossessione. Come ogni passione, anche l’amore per i libri deve sempre rimanere sotto il controllo della ragione e del buon senso, altrimenti si rischia veramente di trasformare questa nostra energia positiva in una mania nociva e fuori controllo.
Quello che mi domando è: secondo voi, con l’avvento del testo elettronico, è ancora possibile parlare di bibliofilia e bibliomania?
Personalmente credo di sì. Anzi, oggi, proprio grazie al libro in digitale che, per sua natura non occupa uno spazio fisico nelle nostre librerie, credo sia ancora più facile accumulare libri su libri per poi non arrivare mai a fruirne davvero.
La società e la cultura evolvono ma credo che, sotto sotto, l’uomo con tutto il suo bagaglio di sentimenti e pulsioni, rimanga, in fondo, sempre lo stesso.
Perciò fate bene attenzione e percorrete la strada che vi sentite più vostra!
Sperando di avervi piacevolmente intrattenuto e di avervi fornito un insolito argomento di riflessione, non mi resta che salutarvi e rimandarvi alla prossima calda, anzi rovente, puntata!
Noemi Veneziani