Da Futuro imperfetto di Vittoriano Borrelli
Estratto cap. III
Nel collegio di Rosental, il professor Schoengen, dopo aver consegnato a Edo il libro di Oscar Wilde, “Il ritratto di Dorian Gray”, risponde alla domanda di questi sul perché gli avesse consegnato quell’opera con alcune riflessioni…
Schoengen ritornò alla finestra. Con una mano pulì i vetri appannati dalla pioggia e guardò fuori. Pareva molto interessato a ciò che stava osservando. In realtà, come compresi un attimo dopo, era solo una maniera per trovare le parole giuste per rispondere alla mia domanda.
“Nonostante la pioggia, è sempre uno spettacolo stare ad ammirare questo parco”. Il professore mi fece segno di avvicinarmi proseguendo in quella che sembrava una decantazione alle bellezze della natura.
“Le panchine bagnate, i vialetti ricoperti dalle foglie gialle cadute dagli alberi, il prato che sembra una distesa incolta e grigia. Tutto ciò non toglie niente alla bellezza di questo paesaggio. Di fronte a scene simili siamo soliti commentare con frasi del tipo: ‘Che brutto tempo ’, ‘Fuori è nuvolo e grigio ’. In realtà la bellezza è proprio sotto i nostri occhi. Basta saperla guardare.”
“Professore, non capisco …”
Schoengen appoggiò una mano sulla mia spalla e mi guardò fisso.
“Voglio dire che la vita è bella se la sai guardare, se la sai vivere. Ci saranno sempre giorni di pioggia come questo, ma niente potrà scalfire la bellezza se saprai tenerla intatta nella tua immaginazione: …la moralità dell’arte consiste nell’uso perfetto di uno strumento imperfetto.
Estratto cap. XI
Le prime avvisaglie di Edo, adulto e affermato radiologo, sulla sua bellezza vista non più come un punto di forza ma come un fardello…
Come ho già detto, il fascino della mia bellezza è stato nell’insieme un privilegio e un fardello che mi sono portato addosso e che adesso, con l’ennesima profferta dell’amante di turno, comincio a sentirne tutto il peso come se avessi una zavorra. Forse è la nausea che si prova quando si fanno le stesse cose, s’interpreta lo stesso ruolo che ad un certo punto comincia a starti stretto e vorresti liberartene per indossare i panni di un’altra persona. Ma so che questa trasposizione è impossibile perché la strada che ho imboccato, una volta lasciato il collegio di Rosental, è una di quelle che non permette deviazioni, né variabili che possano scardinare l’etichetta dell’uomo bello e prestante, sempre pronto a soddisfare e a ricevere nello stesso tempo linfa dalle proprie prestazioni.
Mi sono convinto negli anni che l’esistenza di ciascuno di noi è fortemente condizionata da ciò che riesce ad ottenere dal consenso sociale. Una sorta di termometro che agisce in risposta agli impulsi che diamo e che riceviamo, come una corrente di ricircolo che si espande e si restringe senza mai cambiare il verso del proprio movimento. Nel mio caso sono state le donne le principali manovratrici e rivelatrici di questo termometro, pronte a servirsene per il loro (e per il mio) compiacimento. Il tutto recitando una parte in cui ciascuno, conoscendo a memoria il proprio copione, agisce in maniera del tutto spontanea e senza il minimo rischio di restarne deluso.
Vittoriano Borrelli
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