Nella scorsa puntata ci siamo lasciati incuriosire e intimorire dal lugubre e infestato Castello di Otranto sorvegliato da quel cavaliere senza testa che, nelle caldi notti estive, pare aggirarsi attorno ai bastioni del castello facendo tremare l’aria intorno a sé.
Fatto unico nel suo genere?
Non proprio, infatti sembra che di questi cavalieri ne esistano tanti nell’immaginario comune ma questa volta voglio raccontarvi la storia del cavaliere senza testa più famoso di tutti; un essere tanto crudele da riuscire a intimorire demoni e fantasmi, un essere che non si limita a spaventare le proprie vittime ma che le uccide privandole della testa che poi adagia con cura sul suo collo mozzato come a sostituire ciò di cui è stato privato.
Non abbiate fretta di conoscere i risvolti più cupi e terrificanti della vicenda perché, prima di rivelarvi il finale, ho da raccontarvi tutta la storia.
«Il suo cognome, Crane, ovverosia “gru”, era intonato alla sua persona. Era alto ma troppo esile, di spalle strette, con braccia e gambe lunghe, mani che penzolavano a un miglio di distanza dalle maniche e piedi che avrebbero potuto essere usati come pale; il suo fisico nel complesso pareva essere tenuto insieme da nodi troppo lenti. Aveva la testa piccola e piatta in cima, con enormi orecchie e grandi occhi verdi e freddi, e un lungo naso da beccaccino, tanto che ricordava un gallo segnavento issato su un’asta lunga e sottile per indicare la direzione in cui spira la brezza. A scorgerlo mentre risaliva a grandi falcate il profilo di una collina in una giornata ventosa, con gli abiti gonfi e svolazzanti, lo si sarebbe potuto scambiare per un demone della carestia sceso sulla terra, o magari per uno spaventapasseri fuggito da un campo di grano.»
Lui è Ichabod Crane: uomo del Connecticut semplice e pacifico che arriva nella ridente cittadina di Tarrytown, immersa nella tranquilla valle di Sleepy Hollow – lungo la riva del fiume Hudson – attorno all’anno 1790, in qualità d’insegnante.
Fiero dell’incarico ricevuto e particolarmente orgoglioso delle proprie doti canore che sembrano incantare le signore del paese e di cui egli fa ampiamente sfoggio, il superstizioso Ichabod ama trascorrere le ore di riposo dedicandosi alla lettura di libri oscuri e spaventosi letti solitamente in un luogo appartato lungo le rive di un ruscello poco distante dal centro abitato.
Solamente quando il sole è ormai tramontato Ichabod decide che è giunto il momento di rientrare al villaggio, così si mette in cammino cantando e fischiettando per farsi coraggio.
Notte e giorno si alternano in un clima tranquillo, lavoro e tempo libero aiutano lo sprovveduto insegnante a instaurare legami con gli abitanti del villaggio che amano raccontare storie e terribili leggende che Ichabod ascolta con occhi avidi: la più terribile e, di conseguenza la sua preferita, è la leggenda del cavaliere senza testa che, colpito da una palla di cannone in una “battaglia senza nome” durante la Guerra di Indipendenza americana, si aggira nel vicino bosco alla ricerca della propria testa decapitando chiunque incroci la sua strada.
Influenzato da queste avvincenti e inquietanti storie, Ichabod – mix di curiosità e paura – tenta di condurre un’esistenza tranquilla
«[…] e avrebbe avuto una vita felice, a dispetto del Diavolo e delle sue opere, se il suo cammino non avesse incrociato quello di una creatura che per un comune mortale è causa di maggior sgomento di qualunque fantasma, spettro e dell’intera genia delle streghe messi assieme: una donna.»
Questa donna è la ricca e bella Kathrina Van Tassel, contesa tra l’impacciato Ichabod e lo sbruffone Abraham “Brom Bones” Van Brunt il quale, dopo aver tentato di sfidare Ichabod a duello come da manuale, decide di giocare allo sprovveduto insegnante una serie di scherzi poco divertenti e di dubbio gusto.
I giorni si succedono, più o meno tranquilli a Tarrytown, fino alla notte di Ognissanti, quando l’atmosfera si fa sempre più pesante e più sinistra…
È la sera della festa per il raccolto di fine autunno e i Van Tassel hanno invitato alla loro tenuta tutti gli abitanti del villaggio; Ichabod decide che quello è il momento giusto per dichiararsi all’amata ma, dopo aver fatto valere le proprie doti di ballerino, qualcosa dev’essere andato storto.
Mesto, mesto, in sella del vecchio e acciaccato cavallo – Gunpowder – Ichabod si mette sulla via del ritorno verso il villaggio.
È mezzanotte, fa freddo e Ichabod, suggestionato dalle tante leggende raccontate quella sera dagli anziani, inizia a sentire strani rumori e a vedere misteriose presenze nella boscaglia.
Improvvisamente Gunpowder decide di fare di testa propria e di non seguire più le indicazioni del suo cavaliere conducendolo al terribile incontro.
Lui è là: una sagoma enorme, scura e immobile che si erge di fronte a lui.
È terrificante.
Ichabod inizia ad allungare il passo ma il cavaliere oscuro fa altrettanto portando il suo nero, nerissimo destriero al fianco del vecchio Gunpowder.
Il cavaliere segue Ichabod, piano, in modo inquietante ergendosi di fianco a lui alto e possente.
Un raggio di luna illumina l’enorme creatura: non ha la testa!
A questo punto il terrore di Ichabod lo spinge a lanciarsi in una fuga disperata; è fuori di sé dalla paura ma deve resistere, almeno fino al fiume perché, si sa, gli spettri non possono attraversare l’acqua.
Il ponte è di fronte a lui e Ichabod lo attraversa con furia fermandosi solo una volta giunto dall’altra parte.
Il cavaliere senza testa si ferma, il cavallo si impenna e lui lancia al di là del ponte la propria testa tenuta, per tutto questo tempo, appoggiata alla sua cavalcatura.
Ichabod tenta di schivarla ma viene colpito in pieno volto.
Buio.
Silenzio.
La mattina seguente, non si trova traccia di Ichabod, s’incontra solamente Gunpowder intento a brucare l’erba e una zucca vuota accanto al ponte.
«Le vecchie massaie, tuttavia, che di questi fatti sono sempre i giudici più competenti, continuano ancora oggi a sostenere che Ichabod sia scomparso per ragioni soprannaturali; nel vicinato la sua è una delle storie più raccontate durante le serate invernali, davanti al fuoco. Il ponte divenne ancora di più oggetto di una superstiziosa soggezione […]. La scuola, deserta, ben presto cadde in rovina, e si dice che sia tormentata dal fantasma del povero maestro; i giovani contadini che nelle serate estive tirano tardi per la strada, riferiscono di aver spesso udito in lontananza la sua voce, mentre canta un malinconico salmo nella tranquilla solitudine di Sleepy Hollow.»
Hanno poca importanza quelle voci che raccontano di un Ichabod Crane, rispettato cittadino newyorkese, ricco e in ottima salute.
Questa è la storia di Ichabod Crane e del cavaliere senza testa ma la loro storia affonda le proprie radici in un tempo più lontano e assolutamente reale.
Chi era Ichabod Crane?
Da dove viene il cavaliere senza testa e da dove nasce la sua storia?
Chi si nasconde dietro questo racconto pubblicato, per la prima volta, nel 1820 con il titolo Il libro degli schizzi di Geoffrey Crayon?
Lo scopriremo insieme nel prossimo appuntamento con la rubrica Fatti letterari: Gotico-Horror.
Noemi Veneziani