«Signorina, sono un giornalista italiano, so che lei è italiana e desidero farle un’intervista. Come le ho già spiegato prima, questo è un registratore, qualunque cosa lei dirà verrà registrata e poi scritta sul mio giornale, se non vuole è ancora in tempo a rifiutare. Io le farò delle domande, lei dovrà rispondere con sincerità. Posso cominciare?».
«Sì, può cominciare». La ragazza indossava una tuta mimetica da soldato, era vicino a un grande camion sul quale erano molte altre ragazze, in tuta mimetica anche loro, molto graziose, come era graziosa quella che lui stava interrogando, diverse erano negre. Il camion era fermo sulla strada sabbiosa del deserto. Era l’ultimo di una fila di camion fermi sulla strada, ed era l’unico pieno di donne […]
– Incipit de La notte della tigre
La voce narrante – chiara e schietta – è quella di un giornalista che si trova nel pieno del deserto africano.
Ha un’unica missione da compiere: portare a termine l’intervista e riferire a un certo Giorgio che una certa Paola lo aveva sempre amato e ricordato.
L’autore che si è nascosto per anni dietro i volti dei suoi personaggi è nato a Kiev – nella Russia Imperiale – nel luglio del 1911 da padre ucraino e madre italiana rientrata in Italia – a Roma – dopo solo 3 mesi dalla nascita del figlio.
Il suo nome era Volodymyr-Džordžo Ščerbanenko e, diversi anni dopo il suo rientro in quella madrepatria che non lo accoglierà mai a tutti gli effetti come un proprio figlio, riuscì ad affermarsi come una delle voci più importanti nel panorama del giallo italiano spegnendosi, all’età di 58 anni, nell’ottobre del 1969.
Dopo aver trascorso 18 anni nella capitale romana, Scerbanenco decise di trasferirsi a Milano in cerca di una nuova vita, di una nuova speranza; era il 1929 e il giovane, appena maggiorenne, era già un uomo adulto e responsabile di se stesso e della propria vita. Infatti, orfano di padre – ucciso durante la Rivoluzione Russa del 1917 – e di madre – deceduta pochi anni dopo rispetto al marito –, impossibilitato nel proseguire gli studi oltre le scuole elementari a causa di gravi difficoltà economiche, Giorgio fu costretto a cimentarsi in numerosi lavori manuali prima di riuscire a dedicarsi a tempo pieno a ciò che sembrava riuscirgli meglio: scrivere.
Approdato a Milano, si diede immediatamente da fare e, nel 1934, fece il suo ingresso alla Rizzoli come Redattore dei periodici legati alla casa editrice; scrisse decine di racconti e di articoli e iniziò a curare diverse rubriche che gli permisero, nel corso del tempo, di assumere una profonda conoscenza delle paure e delle perversioni della mente umana – preziosissimo materiale di ispirazione per i romanzi futuri.
Una delle prime riviste che ospitarono gli scritti di Scerbanenco fu Il Secolo Illustrato che, dal 1936 al 1937, offrì ai lettori la possibilità di leggere appassionanti racconti d’azione ambientati in un’America che, già da diversi anni, veniva utilizzata come terreno preferito dai sempre più numerosi giallisti di lingua anglosassone e non solo – pensate che, per dare maggior credito alle storie nostrane, gli editori italiani imponevano agli autori di ambientare le loro vicende in territorio americano. Contemporaneamente, altri 7 racconti vennero pubblicati, con lo pseudonimo di Denny Sher, per la rivista Gangsters e GMen.
Come si può facilmente constatare, il nostro intrepido giovane non si lasciò scappare nessuna buona occasione; decise infatti di iniziare a lavorare come giornalista professionista collaborando con diverse testate arrivando infine a ricoprire il ruolo di Capo Redattore dei periodici curati dalla Mondadori tra il 1937 al 1939.
Vestì i panni di Luciano quando iniziò a curare la rubrica della posta del cuore per Grazia e mantenne il proprio nome di battesimo per firmare gli articoli realizzati per importanti quotidiani come: L’Ambrosiano, La Gazzetta del popolo, il Resto del Carlino e il Corriere della Sera.
Mantenne la propria identità anche quando realizzò e pubblicò per Mondadori la sua prima serie di polizieschi dedicati alla figura di Arthur Jelling – personaggio inventato, impiegato presso l’Archivio Criminale della Centrale di Polizia di Boston nonché protagonista di cinque volumi inaugurati da Sei giorni di preavviso apparso sugli scaffali delle librerie italiane nel 1940.
La vita sembrava finalmente sorridere a quest’uomo che aveva tanto sofferto durante gli anni della sua gioventù ma un altro conflitto si era ormai infilato prepotentemente nella tranquilla vita della popolazione italiana.
Nel 1943 Scerbanenco, accompagnato dalla moglie Teresa e da un gruppo di amici e colleghi scrittori e giornalisti, fu costretto a fuggire in Svizzera, luogo in cui, molti degli sfollati italiani che riuscirono a oltrepassare il confine vennero accolti in un campo profughi organizzato dall’amministrazione di Büsserach, un piccolo comune del Canton Soletta.
Egli fu in realtà di passaggio a Büsserach poiché alcuni amici di Teresa residenti in Canton Ticino offrirono alla famiglia Scerbanenco ospitalità fino al 1945. Durante il periodo di esilio – che segnò profondamente la vita dello scrittore – egli portò a termine un romanzo autobiografico in cui i nomi di persone e di luoghi realmente esistiti furono abilmente celati dalla fantasia dell’autore, il quale volle così esprimere la propria riconoscenza nei confronti di tutti coloro che furono in grado, durante un periodo così lungo e terribile, di non lasciare mai la mano a chi la tendeva in richiesta di aiuto: l’opera venne intitolata Non rimanere soli.
Rientrato in patria a conflitto terminato, Scerbanenco riprese a lavorare e inaugurò la terza fase della sua vita tornando a collaborare con l’editore Rizzoli in qualità di Direttore per il periodico Novella e curatore della rubrica posta del cuore. Parallelamente fondò il settimanale Bella sulle cui pagine si divertì nel dirigere nuovamente le redini di un’altra rubrica, La posta di Valentino e, non contento, decise di curare per Annabella forse una delle rubriche più famose nella storia italiana: La posta di Adrian. Ancora una volta, il suo lavoro gli fu indispensabile per trarre ispirazione per i suoi romanzi caratterizzati da uno stile particolarmente crudo e amaro influenzato dalla propria travagliata vicenda personale e da una profonda conoscenza dell’angoscia e della rabbia della gente comune.
Nonostante l’impegno delle riviste occupasse per molte ore la mente dello scrittore, egli proseguì nella propria carriera di romanziere realizzando una quadrilogia dedicata a Duca Lamberti – giovane medico radiato dall’Ordine e presto trasformato in investigatore privato – e ambientata a Milano – città principe di tutti i suoi romanzi da quel momento in avanti: questa operazione permise al noir italiano di dichiarare la propria indipendenza nei confronti della forte influenza americana.
Venere privata inaugurò il successo del personaggio di Lamberti mostrando il proprio volto sugli scaffali delle librerie nel 1966 riuscendo a ottenere una risposta positiva da parte del pubblico e della critica.
«La società è un gioco, vero? Le regole del gioco sono scritte nel codice penale, in quello civile e in un altro codice, piuttosto vago e non scritto, detto codice morale. Saranno codici molto discutibili, che devono essere continuamente migliorati, ma, o si sta alle loro regole, o non ci si sta. L’unico trasgressore alle regole del gioco che io posso rispettare è il bandito col trombone che si nasconde per le montagne: lui non sta alle regole del gioco, lui, anzi, dice chiaramente che non vuol giocare alla bella società e che le regole se le fa lui come vuole, col fucile. Ma i bari no, li odio e li disprezzo. Oggi ci sono i banditi con l’ufficio legale a latere, imbrogliano, rubano, ammazzano, ma hanno già studiato la linea di difesa con il loro avvocato nel caso fossero scoperti e processati e non vengono mai puniti abbastanza. Vogliono che gli altri stiano al gioco, alle regole, ma loro non ci vogliono stare.»
Cavalcando l’onda del successo, Scerbanenco continuò a scrivere romanzi ambientati in luoghi a lui particolarmente cari; fu con questo intento che pubblicò molti racconti e un paio di romanzi – La sabbia non ricorda, Al mare con la ragazza – dedicati a Lignano Sabbiadoro, luogo in cui trascorse un lungo periodo prima di fare ritorno a Milano e morire per un arresto cardiaco nel 1969.
L’anno prima, nel 1968, Traditori di tutti ottenne il riconoscimento del prestigioso premio francese Grand prix de littérature policière che riconobbe all’autore la sua grande abilità di portare su carta l’immagine in continuo movimento di una Milano e di un’Italia in costante mutamento e in cui nuova ricchezza e povertà, campagna e memorabili luoghi simbolo della città si alternano in un’allegra danza.
Dopo la sua morte, la figlia Cecilia decise di donare l’intera biblioteca del padre al comune friulano di Lignano mentre, nel resto d’Italia, un nome iniziava, poco a poco, a scomparire dalle labbra dei lettori come dai principali scaffali delle librerie fino al 1994 quando, numerose case editrici italiane decisero di dare nuova vita alle opere di questo importante intellettuale italiano, italianissimo – come egli stesso seguitava a definirsi di fronte a tutti coloro che sembravano non riuscire a guardare oltre il suo luogo di nascita.
Nel 2006 il regista Giulidori decise di realizzare una docufiction – presentata al Noir in Festival di Courmayeur nello stesso anno – dedicata alla vita di Giorgio Scerbanenco e arricchita da interviste e testimonianze dirette di tutti coloro che ebbero il piacere di conoscerlo di persona.
L’anno successivo il racconto Il ritorno del Duca – Duca Lamberti – comparve nell’antologia dedicata al noir italiano pubblicata da Garzanti mentre, nel 2018, La Nave di Teseo propose ai lettori un testo inedito intitolato L’isola degli idealisti venuto alla luce solo dopo che il figlio Alan Scerbanenko decise di affidare il manoscritto alla sorellastra Cecilia erede di tutto il patrimonio librario del padre.
Alla sua memoria è stato dedicato, nel 1993, il più importante premio italiano per la letteratura poliziesca e noir assegnato durante Noir in Festival che si svolge tuttora tra le città di Como e Milano.
In conclusione, vorrei segnalarvi anche le preziose pubblicazioni a cura della siciliana Sellerio che nel 2011 uscì nelle librerie con un sesto volume inedito legato alla serie di Duca Lamberti.
Anche per quest’oggi siamo giunti al termine del nostro terzo appuntamento con Passione Gialli.
Spero di aver dato a tutti la possibilità di conoscere un autore tornato da poco in auge e, a mio avviso, davvero prezioso per chiunque ami il genere e non solo.
A questo punto non mi resta che darvi appuntamento al prossimo e ultimo articolo per questo tiepido gennaio!
Noemi Veneziani