«Ogni volta che mi tagliate una rosa è come se mi tagliaste un dito. So che non è lo stesso. (Rivolgendosi alla moglie) Non discuto. So che durano poco, lo dice anche il valzer delle rose che è una delle musiche più belle dei giorni nostri, eppure non riesco a soffocare il disgusto di vederle nei vasi.»
È ancora una volta lo zio di Rosita a tessere le lodi di quel magnifico fiore che si schiude per poi sfiorire così rapidamente. Questo tuttavia non scoraggia l’amante devoto che è disposto a trascorrere un’intera giornata in contemplazione di un fiore così bello, così profumato, così perfetto.
Questa rosa – da sei, sette prenatali al massimo – viene coltivata in Europa dal 1815 ed è un ibrido ricavato dalla già diffusa rosa centifolia.
Un fiore che, non solo è dotato di un inebriante profumo, ma che possiede anche preziose proprietà curative già conosciute e sfruttate dai popoli del XIII secolo nelle loro pratiche mediche; l’olio essenziale ricavato dal fusto di alcune varietà viene utilizzato come profumazione mentre i petali, trattati secondo precisi metodi, sono impiegati nelle ricette di intingoli dalle proprietà antinfiammatorie.
L’infuso, per esempio, viene applicato sugli occhi arrossati, se a questo aggiungete un cucchiaio di miele, potrete utilizzare la mestura ricavata per eliminare le infiammazioni gengivali, o ancora, con un composto formato da aceto di vino e petali di rosa è possibile alleviare le irritazioni cutanee provocate da punture di insetto o bruciature.
Come potete facilmente constatare, questo fiore è entrato a far parte della vita dell’uomo in ogni suo aspetto e, al lungo elenco che abbiamo stilato insieme durante questi 3 incontri, non può di certo mancare la rappresentazione della rosa nell’arte, nell’architettura e nella musica.
Si da il caso infatti che sia proprio la rosa pomponiana quella celebre rosa dei pittori che è stata spesso la protagonista di tante tele realizzate nel corso dei secoli.
Uno tra i maggiori artisti che si è dilettato nella riproduzione di numerose varietà di rose è Pierre-Joseph Redouté (1759-1840), meglio conosciuto come il ‘Raffaello dei fiori’.
Di origine belga, nel 1787, Redouté si afferma come pittore alla corte di Francia della regina Maria Antonietta e, protetto dal favore di lei e di Giuseppina di Beauharnais – futura Imperatrice consorte di Napoleone Bonaparte –, egli riesce ad affermarsi come docente di illustrazione botanica presso il Museo nazionale di storia naturale di Parigi.
L’anno 1809 lo vede invece ricoprire il ruolo d’insegnante personale di tecniche di pittura ad acquerello dell’Imperatrice Maria Luisa d’Austria – seconda moglie di Napoleone.
Durante il periodo di permanenza presso la corte francese, Redouté ha la possibilità di mettere a punto una tecnica pittorica che gli permette di realizzare immagini perfettamente fedeli agli esemplari originali: per ottenere una sfumatura e una tonalità di colore più realistica, l’artista compie rapidi gesti che lasciano sulla tavola piccoli puntini uno a fianco all’altro e che uniti creano una meravigliosa immagine d’insieme – una delle raccolte più interessanti è Selezione dei più bei fiori e di alcuni rami con i frutti più mirabili pubblicata tra il 1827 e il 1833 e comprendente 144 tavole illustrate (tra di esse appaiono anche quelle che potete ammirare in apertura a tutti gli articoli dedicati al tema Le rose di Federico Garcìa Lorca).
Artista francese più tardo rispetto a Redouté, Henri Fantin-Latour (1836-1904) si distingue nel panorama pittorico dell’epoca per la sua spiccata bravura nel rappresentare questo affascinante fiore ritratto in solitaria o inserito in suggestive nature morte – nell’immagine: Rosa in vaso, 1872 olio su tela.
Proseguendo a grandi passi arriviamo all’Impressionismo di Pierre-Auguste Renoir (1841-1919) e Claude Monet (1922-1924) accompagnati dal post-impressionista Paul Cézanne (1839-1906).
Mi perdonerete se non mi soffermo a parlare di questi grandi nomi della pittura francese ma credo che tutti conosciate più o meno bene i tratti di ciascuno.
Penso invece che possa essere interessante scoprire come artisti più recenti o fotografi abbiano pensato di inserire nella loro produzione ritratti di rose.
La prima che incontriamo è la pittrice Georgia O’Keeffe (1887-1986). Artista americana e pioniera nell’arte della rappresentazione pittorica di paesaggi tra il realistico e l’astratto, O’Keeffe intende rappresentare su tela la sensazione che i paesaggi attorno a lei le ispirano.
«Sentire lo spazio e riprodurlo»
È esattamente questo che cerca di fare la pittrice semplificando e rendendo più fluide le linee degli elementi naturali che più la colpiscono.
Tra le prime donne esploratrici nella ricerca e nell’affermazione dell’arte moderna, O’Keeffe riesce a cambiare il modo di vedere il mondo attraverso gli occhi del cuore – nell’immagine Abstraction White Rose, 1927 olio su tela.
E se, da una parte la rosa viene ritratta in mille e più pose come protagonista della tela, dall’altra essa diventa il soggetto perfetto da immortalare per creare cupe e sensuali atmosfere che richiamano quei luoghi più nascosti del corpo umano.
Il fotografo Robert Mapplethorpe (1946-1989) dà infatti vita a una serie di primi piani di fiori ma lo fa in un modo completamente diverso da come ci si potrebbe aspettare da un artista di quegli anni.
Dopo aver lavorato per tanto tempo con corpi umani nella loro nudità e volti di celebrità dello spettacolo ritratti in primo piano, Mapplethorpe decide di rappresentare l’erotismo, immortalato in scandalose polaroid, catturando tutta la sensualità degli organi genitali delle piante: i fiori.
Nato a Long Island in una famiglia borghese, egli cresce in una New York presa d’assalto da una Rivoluzione culturale che lo rende uno dei maggiori esponenti di scene quotidiane di una metropoli in rivolta tra gli anni Sessanta e Ottanta del Novecento – in foto Rosa, 1985.
Fino a questo punto abbiamo parlato del ruolo della rosa all’interno di diverse categorie artistiche e storiche ma non vi ho ancora svelato l’origine del nome di questa particolare variante di rosa centifolia.
Sembrerebbe infatti che sia frutto della fantasia di Gertrude Jekyll (1843-1932) – famosa creatrice di giardini all’inglese – a fare di questa rosa una vera diva inventando per lei un nome tanto altezzoso – rosa pomponiana – che appare per la prima volta nel 1902 nel volume intitolato Roses for english gardens.
Jekyll è una donna indipendente, grande viaggiatrice e osservatrice della natura e dei suoi contrasti cromatici e olfattivi. Scrittrice, artista e architetto crea giardini meravigliosi sperimentando forme e colori in fase preliminare nel suo giardino di Munstead – Inghilterra.
Secondo il suo pensiero, il giardinaggio è un vero e proprio processo di creazione, un momento delicato e che obbliga l’artefice a una concentrazione assoluta.
Per progettare i suoi giardini Jekyll studia gli accostamenti cromatici e le associazioni possibili tra le diverse piante poiché, oltre a un punto di vista dall’alto e comprensivo di tutto l’insieme, anche lo sguardo diretto e proveniente dal basso richiede cura e attenzione: così le piante più basse e dalla precoce fioritura vengono preferibilmente posizionate in secondo piano rispetto ad altre per camuffarne l’anticipato deterioramento oppure per nascondere eventuali difetti della pianta stessa o rimediare a errori compiuti dal fornitore in fase di vendita.
Altro aspetto fondamentale per Jekyll è l’impatto cromatico del giardino nel suo insieme: le sfumature vanno dal blu per arrivare al grigio pallido poi un rosa e il giallo tenue fino al rosso acceso.
Nulla può essere lasciato al caso, per questo è fondamentale elaborare un piano di riserva nel momento in cui intoppi lungo la strada potrebbero richiederne l’applicazione: il segreto è conserva sempre nuovi esemplari invasati in terreni di riserva pronti all’uso.
Durante gli anni di attività la ‘pittrice di giardini’ dà vita a ben 350 meraviglie dell’architettura di cui purtroppo sopravvivono solo alcuni esemplari che vi invito a scoprire cliccando sul link: il suo giardino a Munstead (1882), Hestercombe (1894), Old Manor House (1908) e Lindisfarne Castle/Holy Island (1911).
«The lesson I have thoroughly learnt, and wish to pass on to others, is to know the enduring happiness that the love of a garden gives»
«La lezione che ho appreso a fondo, e che desidero trasmettere agli altri, è conoscere la felicità duratura che dà l’amore di un giardino»
Ed è proprio con queste parole che voglio portarvi a toccare con mano – sarebbe forse meglio dire ‘con orecchio’ – l’ultimo ambito in cui la rosa diventa protagonista: la musica.
Come dimenticare, infatti, il dolce Valzer dei fiori musicato da Čajkovskij per il famoso balletto Lo schiaccianoci andato in scena per la prima volta il 18 dicembre 1892.
Credo sia un’impresa impossibile, un po’ come non pensare immediatamente al legame che si crea tra le rose e la splendida voce di Édith Piaf che intona le prime note dell’intramontabile La vie en rose (1945) o alla meravigliosa Rose rosse(per te) cantata da un giovane Massimo Ranieri nel 1969.
Misterioso e sensuale è invece il più recente Valzer delle rose composto dal musicista moldavo Eugen Doga – uno dei maggiori esponenti della musica classica contemporanea.
Come credo sia ovvio, la discografia legata a questo fiore è pressoché sterminata e ho dovuto compiere una scelta, così ho pensato di inserire i quattro brani citati perché sono quelli che più mi hanno guidato nella ricerca e nella scrittura di queste cinque puntate che stanno per volgere al termine.
Ora non dovete fare altro che sedervi comodamente dovunque vogliate, chiudere gli occhi e ascoltare cercando di immaginare di fronte a voi uno splendido giardino in fiore i cui colori e i cui odori vi regalano gioia e pace poi magari, chissà, potreste magicamente ritrovarvi in un giardino di rose!
Noemi Veneziani