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CAPITOLO I
PATTY E LE BUSSE
Patricia era una bambina di nove anni. Aveva lunghi capelli biondi ondulati che le ricadevano in ciocche ribelli sulle spalle. Sul visetto pallido spiccavano due grandi occhi azzurri intelligenti e una bocca rossa e carnosa. Era di corporatura esile. Abitava nel New Jersey con genitori poco più che ventenni che non le risparmiavano botte e umiliazioni quasi giornalmente. La madre, Mikaela, aveva solo venticinque anni. Era bionda anche lei ma aveva grandi occhi marroni allungati dal trucco nero e un fisico da coniglietta di playboy. La sua altezza, sfiorava il metro e settantacinque, era per lei motivo di orgoglio. Aveva sempre desiderato intraprendere la carriera di modella se non fosse stato per quella stupida indesiderata bambina che a sedici anni era arrivata a guastarle i piani. Trascorreva tutto il tempo a ritoccarsi il trucco e a limarsi le unghia. Dieci artigli dipinti di un acceso color rosso sangue. Il padre di Patricia era invece un giovanotto di ventisei anni, alto, ben fatto con un viso bellissimo e occhi azzurri che incantavano le donne. Per mantenersi lavorava come meccanico ma sembrava che i soldi non bastassero mai o almeno questa era le nenia che circolava in casa. Molto spesso avevano mandato Patricia a letto senza cena. Loro venivano prima della bambina. Era sicuro che almeno due o addirittura tre volte alla settimana Patricia saltava o la cena o il pranzo. Bisognava pur risparmiare in un modo o in un altro. A scuola la bambina andava piuttosto male. I problemi se li trascinava sui banchi. Era svogliata e rissosa. Sapevano della sua situazione in famiglia ma chiudevano gli occhi per non entrare in questioni delicate. Oltretutto Alan, il padre della bambina, aveva un giro di conoscenze per nulla raccomandabili. Chi si intrometteva era più che probabile che si ritrovava con il sorriso di Glasgow che gli scavava nel volto uno squarcio sanguinolento fino alle orecchie. Meglio tenersi cara la propria pelle che rischiare per una bambina nata sotto una cattiva stella. Ognuno ha le proprie croci da portare. Vuol dire che Patricia aveva la sua. Di legno massiccio, per carità nessuno voleva sminuirla. In fondo la picchiavano soltanto. A scuola arrivava con delle contusioni viola sulle braccia e sul viso da far invidia ad un pugile, almeno quelle erano visibili, c’era da scommetterci la testa che ne avesse il corpo pieno. Ma mai che portasse addosso bruciature di sigarette o altre torture con una “valenza” maggiore. Gli insegnanti, i vicini e tutti gli adulti che abbassavano lo sguardo davanti agli inequivocabili segni di violenza su una minore si tacitavano la coscienza credendo che se avessero visto qualcosa di più di “semplici” lividi allora sarebbero intervenuti. Ma era chiaro che anche se Patricia fosse uscita da casa con un arto in meno si sarebbero inventati un’altra giustificazione per evitare guai seri. Ognuno pensa per se Dio pensa per tutti. Erano tutte brave persone di Chiesa però. Ascoltavano i sermoni del prete ed annuivano ad ogni sillaba che pronunciava. Cattolici ferventi confessavano i loro peccati ogni settimana. La loro vita scorreva su binari monotoni ma tranquilli. Meglio non tentare atti d’eroismo che avrebbero potuto portare a delle tragedie. Quella gente lì non scherzava. Non conosceva la pietà e non sapeva neanche che esistesse. Amava infierire sulle proprie vittime e farlo anche in modo eclatante! Era una mattina uggiosa di fine Ottobre. Patricia era entrata a casa timidamente. Aveva paura, come sempre. Anche uno sguardo di troppo o una frase mormorata o persino una canzone canticchiata a denti stretti poteva provocare le ire dei due “bravi” coniugi! La mammina stava seduta davanti una vasca di gelato. Vi infilava il cucchiaio come un automa e mangiava guardando assorta la tv dalla quale si sentiva latrare qualche squallida soap opera per casalinghe annoiate. Il rossetto le era sbavato agli angoli della bocca, Dio quanto la disgustava quella donna! Patricia sapeva già come fosse il sentimento dell’odio. Ti infuocava il cuore, te lo stritolava dentro una morsa di acciaio e incendiava il sangue lungo tutto il corpo. Lo identificava così la piccola Patricia. Come lava ribollente! Calore che saliva alla testa. Si era ripromessa che da grande, se non riusciva a fuggire da quella maledetta casa, li avrebbe uccisi entrambi. In una notte di luna piena. Mentre dormivano li avrebbe accoltellati con lo stesso coltellaccio da cucina con cui la mamma spesso e volentieri la minacciava. Si guardò intorno. Suo padre non c’era. Tirò un sospiro di sollievo. Era in una botte di ferro. Aveva scoperto il modo per non farsi più malmenare almeno dalla padrona di casa. Glielo aveva fornito lei stessa. Lei ancora non lo sapeva. Anche perché era successo il giorno prima. Era mercoledì sera. Lei credeva che dormisse. Ma invece era sveglia e aveva sentito tutto. Non lo aveva visto ma lo aveva sentito. Anche se aveva solo nove anni capiva le cose abbastanza in fretta e con la stessa velocità le imparava!
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