Un mondo sconosciuto che dobbiamo preservare
Osservate l’immagine e provate a rispondere a questa domanda: che cosa vedete?
Blu, verde e bianco.
Sono questi i colori che caratterizzano il nostro pianeta.
Sappiate che non ce ne sono altri, di pianeti, che mostrino così chiaramente i tre colori che ho deciso di definire “colori della vita”.
Essi esistono grazie alle piante e nulla di tutto questo potrebbe esistere senza il quotidiano intervento dei grandi e dei piccoli esseri viventi capaci di mantenere in perfetto equilibrio tutto il Pianeta Terra.
Anche i primati, da cui discendiamo, sono nati e hanno vissuto su queste piante che oggi consideriamo, con tanta superficialità, come esseri inanimati e inutili.
La verità è che le piante, come tutti gli esseri viventi fotosintetici, sono più che importanti per la sopravvivenza delle specie sul nostro pianeta, esse infatti sono fondamentali e ne costituiscono il perno centrale attorno a cui ruota tutta la vita in qualsiasi sua forma.
Perciò, sarà bene iniziare a comprenderne l’importanza e cominciare ad assumere un punto di vista diverso nei loro confronti.
Il pianeta, infatti, non è altro che un unico organismo vivente le cui parti sono in grado di equilibrarsi perfettamente le une con le altre adattandosi a un ambiente in costante cambiamento.
È così che dovremmo vedere il nostro pianeta e quello a cui dovremmo auspicare è una sorta di cooperazione generale, tra mondo animale e mondo vegetale, per prendere consapevolezza del fatto che questo pianeta sia il pianeta di tutti e che la natura è, e sarà sempre, l’unica e vera burattinaia di tutta la vita sulla Terra.
La nazione delle piante
- Art.) La terra è la casa comune della vita
- Art.) La Nazione delle piante (la più grande al mondo) riconosce e garantisce i diritti inviolabili delle comunità naturali intese come società basate su relazioni fra gli organismi che le compongono
- Art.) La Nazione delle Piante favorisce democrazie vegetali diffuse e decentralizzate
- Art.) La Nazione delle Piante rispetta i diritti dei viventi attuali e futuri
- Art.) La Nazione delle Piante garantisce il diritto all’acqua, al suolo e all’atmosfera puliti
- Art.) Il consumo di qualsiasi risorsa non ricostituibile per le generazioni future dei viventi è vietato
- Art.) La nazione delle piante non ha confini
- Art.) La Nazione delle Piante favorisce e garantisce il mutuo appoggio la comunità naturali di esseri viventi come strumento di convivenza e di progresso

(Italia)
Ciò che avete appena letto, non è altro che una minima parte – riassunta e adattata a questo luogo – delle 8 leggi che, secondo il professor Stefano Mancuso, governano la nazione più vasta di tutto il Pianeta Terra: la Nazione delle Piante.
Prima di proseguire in questo nostro viaggio alla scoperta del più grande ecosistema vivente, ripetiamo ancora una volta che, secondo la Nazione delle Piante, il Pianeta Terra è la casa di tutti gli esseri viventi, nessuno escluso, siano essi mobili (come gli animali) o ben radicati al terreno (come le piante).
Fate bene attenzione però, perché il fatto di essere organismi che, per scelta evolutiva, hanno deciso di stabilirsi nel terreno e ricavare la loro energia dal sole, non implica, per forza, una immobilità assoluta.
Al contrario le piante sono esseri capaci di muoversi stando sul posto e di migrare esattamente come gli animali anche se con mezzi e con ritmi molto diversi rispetto a quelli a cui siamo abituati ad assistere in natura.
Le piante, per loro caratteristica, sono organizzate in comunità cooperanti e di mutuo appoggio in cui ognuno riconosce eguali diritti all’altro e questo vale anche per tutte quelle comunità con cui le piante sono costrette a convivere lasciando che ogni essere vivente conduca la propria esistenza in armonia con il resto dell’ambiente.
Esse, inoltre, basano la loro intera esistenza su un sistema di assistenza tra le diverse parti dell’organismo principale poiché, quest’ultime, sono tutte ugualmente capaci di svolgere gli stessi compiti così da creare una rete di controllo distribuita su vari centri sfavorendo la concentrazione di tutto il potere in un unico vertice – condizione che, invece, si verifica nel caso degli animali dotati di un capo, appunto, e di organi singoli o doppi altamente specializzati che, se attaccati, rischiano di nuocere all’intero organismo.
Per le piante, di cui è possibile asportare la quasi totalità del corpo senza comprometterne le condizioni vitali, la condizione di vita è molto diversa.
Esse infatti proteggono sotto terra la parte più importante di loro, quella in cui vengono prese la maggior parte delle decisioni creando una fitta rete di informazioni per chilometri arrivando addirittura a raggiungere l’80% del peso della pianta stessa: sto parlando delle radici.
Un altro grande potere delle piante riguarda la loro capacità di utilizzare, per il proprio sostentamento, solo energia rinnovabile a disposizione di tutti gli esseri viventi in quantità sempre presente e, cosa ancora più straordinario, è che con il loro solo “respirare”1 esse garantiscono all’intero pianta di poter usufruire di abbondante aria pulita e di piogge2 che irrigano il terreno permettendo, ancora una volta, lo svolgersi della vita sulla Terra.
Un regalo non indifferente ma che, nonostante la sua grandiosità, non riusciamo a comprendere dato che, per noi, le piante continuano a rappresentare una parte di organismi viventi privi di qualsiasi organo percettivo che li possa far entrare nella cerchia di quello che, noi uomini, riconosciamo come specie intelligenti.
Per quale motivo noi, che ci definiamo, appunto, esseri intelligenti, non riusciamo a comprendere l’importanza di salvaguardare l’ecosistema in cui viviamo?
Probabilmente, la risposta che più si avvicina al vero, ci mette di fronte al fatto che noi, in quanto animali, quando incontriamo una specie diversa dalla nostra, per capire se questa è senziente, agiamo per paragone rispetto ai nostri stessi sensi e organi ed è chiaro che le piante non hanno né mani, né naso ma questo non significa che non abbiano la capacità di percepire il mondo che le circonda: impariamo, una volta per tutte, che le piante sentono e vedono con il loro intero corpo!
Ecco cos’hanno di straordinario le piante e pensate a quanto potrebbe essere bello ed emozionante riuscire a vedere e percepire tutta questa vita dentro cui noi stessi viviamo da 300 mila anni.
Ebbene, ho come l’impressione che, cambiare la nostra prospettiva e provare a comprendere che questa popolazione – il nostro “polmone verde” – ha una sua autonomia e una sua abilità di sopravvivenza che, in molti casi, risulta essere migliore della nostra, possa davvero essere un buon punto di partenza per salvare questo speciale pianeta.
Perciò, per iniziare quella che ho deciso di definire una “rivoluzione copernicana” del punto di vista dell’uomo rispetto alla natura che lo circonda, ho pensato di narrarvi uno tra i tanti racconti di cui parla il professor Mancuso nel suo saggio La Nazione delle Piante.
La cocciniglia: merce preziosa
Fin dai tempi antichi, l’uomo ha scoperto l’importanza di questo piccolo essere che, se essiccato e schiacciato, è in grado di produrre un colore rosso intenso: sto parlando della cocciniglia.
Originaria del Sud America, più in particolare del Messico, la cocciniglia viene impiegata dalle popolazioni azteche per colorare i propri tessuti già a partire dal XIV secolo.

Fonte di grande ricchezza, tanto che le popolazioni assoggettate agli aztechi avevano l’obbligo di offrire all’Imperatore sacchi colmi di questo piccolo insetto, il segreto della cocciniglia viene prepotentemente rubato agl’indigeni quando i conquistatori spagnoli guidati da Hernan Cortés, nel 1519, fanno irruzione nella capitale – Tenochititlan – compiendo ogni sorta di razzia compreso il furto del segreto di quel rosso così intenso e mai visto prima d’ora sui mercati occidentali.
La ricetta di questo prezioso materiale diventa ben presto monopolio degli spagnoli e tale rimane per almeno due secoli permettendo loro di sviluppare un ampio commercio del rosso prodotto dalla cocciniglia venduto a prezzi molto elevati.
Sono in particolare gli inglesi a fare gli ordini più consistenti di questo prezioso materiale che iniziano a usare per colorare le “giubbe rosse” dell’esercito reale.

Senza quella specifica sfumatura, gli inglesi avrebbero perso gran parte della loro credibilità in battaglia ma continuare ad acquistare quel prodotto a prezzi così alti avrebbe potuto creare problemi all’economia del paese.
Perciò, riuscire a sottrarre agli spagnoli il prezioso segreto, diventa la missione di molte spie britanniche operanti nel commercio con il potente Regno di Spagna.
Così, dopo diversi tentativi e un lasso di tempo piuttosto lungo, una spia inglese riesce nell’intento e riferisce ai propri superiori che per ottenere quella specifica tonalità di rosso sono necessarie grandi quantità di cocciniglia e piante di fico d’India (Opuntia), cibo preferito dal piccolo insetto.
Quando le piante arrivano a destinazione, dopo aver affrontato un viaggio dal Brasile all’Australia, nel 1788, queste trovano un terreno favorevole per condurre un buon stile di vita ma non avviene lo stesso miracolo per le cocciniglie che invece muoiono nel giro di poco tempo.
Miseramente fallita l’impresa, gli inglesi decidono di abbandonare le coltivazioni di fico che, liberi da vincoli, iniziano a prosperare arrivando a minacciare interi villaggi e le adiacenti agricolture.
Poco alla volta, la situazione si fa sempre più critica e il governo inglese è costretto a intervenire indicendo un premio per tutti coloro che avessero trovato il modo di arginare questa nuova piaga.
Inutile dire che le soluzioni presentate sono delle più assurde, almeno fino al 1926, quando viene proposto di utilizzare come arma un parassita conosciuto per essere ghiotto di foglie di fico d’India: il Cactoblastis cactorum, una specie di lepidottero.

In poco tempo, le larve di questa farfalla, cibandosi delle foglie della pianta, riescono a compiere una decimazione dei fichi d’India ma l’ostacolo, che sembra essere stato brillantemente superato, in realtà, viene solo aggirato.
Come sempre, in natura, ogni essere vivente è in continuo mutamento e uno degli scopi di qualsiasi specie vivente è quella di adattarsi alle condizioni in cui si è costretti a vivere per garantire la sopravvivenza della propria specie.
Ciò detto, se, come già abbiamo visto, gli animali possono spostarsi e scansare il problema, le piante, ben radicate al terreno, sono costrette a risolverlo questo problema adottando nuove e intelligenti tecniche di difesa per meglio adattarsi alla situazione.
Vessate dalla piaga del parassita, alcune di queste Opuntia iniziano a sviluppare una certa resistenza all’ospite invadente obbligando le autorità inglesi ad applicare controlli sempre più stretti sulle culture diffusesi su gran parte del territorio australiano.
Se da una parte l’introduzione del parassita ha dunque permesso di arginare il problema e iniziare a tenere sotto controllo la diffusione della pianta, dall’altra, questo seppur parziale successo, ha indotto altri stati ad adottare la medesima soluzione con il risultato di mettere in serio pericolo interi ecosistemi perché, si sa, riuscire a prevedere con precisione come andranno le cose in natura è davvero un’impresa impossibile.
Purtroppo, quello che accade, è una rapida espansione di questo lepidottero dalle isole Caraibi, a gran parte degli Stati che si affacciano sul Golfo del Messico, a diverse isole e parte della Florida, tutti luoghi in cui il consumo e la coltivazione di fichi d’India è fondamentale per la sopravvivenza delle popolazioni autoctone.

Ho voluto raccontarvi questo particolare episodio perché è stato quello che più mi ha fatto riflettere sul fatto che tutto, in natura, sia strettamente connesso attraverso un precario equilibrio di forze che noi non siamo in grado di governare tanto questo è immenso e perfetto.
Noi esseri umani abbiamo molto da imparare dalla natura poiché essa si basa sulla cooperazione e sul compromesso – concetti che fatichiamo a comprendere fino in fondo.
La natura fonda le proprie basi sul principio di libertà e di distribuzione del potere nel pieno rispetto di tutte le parti coinvolte.
La natura è un organismo complicato e unico che, se perso, si porterà via anche quei meravigliosi colori che fanno del nostro pianeta l’unico a essere in grado di ospitare la vita.
Sono il verde dei prati, gli accesi colori dei fiori e le cangianti foglie degli alberi a provocare in noi l’allegria e la gioia a cui normalmente aspiriamo nella vita; fermiamoci dunque a riflettere sulle nostre azioni che hanno un ruolo fondamentale nel mantenimento di questo fragile equilibrio.
Noemi Veneziani
1 Le piante respirano attraverso la loro chioma per mezzo di un processo chiamato fotosintesi clorofilliana che prevede l’assorbimento dell’anidride carbonica, la produzione di sostanze zuccherine utili alla sopravvivenza dell’intero organismo e il rilascio di grandi quantità di ossigeno.
2 Le piante assorbono grandi quantità d’acqua dal terreno che poi, attraverso la traspirazione, vengono rilasciate in atmosfera sotto forma di piccole goccioline di acqua che salgono in atmosfera condensandosi e dando vita alle nuvole.
Link utili:
Splendida natura. Un mondo sconosciuto che dobbiamo preservare – Episodio 1
Stefano Mancuso: Libri che parlano di piante
La Nazione delle Piante, Stefano Mancuso, Editori Laterza, 2019
Botanica. Viaggio nell’universo vegetale, Stefano Mancuso, Aboca Edizioni, 2019
Ascolta le melodie create da Deproducers in collaborazione con il professor Mancuso in occasione della realizzazione del volume per Aboca edizioni: Botanica
Video conferenza tenuta dal professor Mancuso in occasione del festival La mente in salute nell’ottobre 2016: Verde brillante – La mente delle piante
Intervento di Stefano Mancuso a Più libri Più liberi il 7 dicembre 2019: L’Europa delle piante
Intervento del professor Stefano Mancuso in occasione del ciclo di eventi presso il teatro di Asparetto (VR) nel luglio 2019: Viaggio nell’universo vegetale
Intervento di Stefano Mancuso a Telecom Italia Group 22 aprile 2020: Il pianeta delle piante
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